Musa, quell'uom di multiforme ingegno
Dimmi, che molto erro', poich'ebbe a terra
Gittate d'Ilion le sacre torri;
Che città vide molte, e delle genti
L'indol conobbe; che sovr'esso il mare
Molti dentro del cor sofferse affanni,
Mentre a guardar la cara vita intende,
E i suoi compagni a ricondur: ma indarno
Ricondur desiava i suoi compagni,
Che' delle colpe lor tutti periro.
Meglio di no non voltarsi mai quando si va via
Perché voltarsi è già un po' tornare è già nostalgia
E non si va mai così lontano e mai via di qua
Mai come quando non si sa bene dove si va.
Così si va non perché ci sia qualche cosa poi
Che è da vedere ma per vedere cosa c'è in noi
E poi non vedi mai ciò che pensi che incontrerai
Ma trovi sempre quello che non hai pensato mai
E' Ulisse quel ragazzino spocchioso intelligente curioso intraprendente che vuole sapere del mondo vivere le avventure che tanti sognano immaginano leggono cantano dipingono riprendono registrano guardano in un tubo catodico destinato a scomparire con l'avvento di quelle tecnologie nuove... che non sono più future.
Jimmy, il tuo Leopold Bloom, ebreo dublinese per giunta non credente o praticante, nasce già nella condizione di esule, inetto alla maniera di Svevo, straniero tra la sua gente: come può essere lui l'Ulisse moderno?
Fin dal primo mito omerico, Ulisse ha rappresentato simbolicamente il viaggiatore, colui che si muove per soddisfare la propria conoscenza del mondo, uomo dominato dallo spirito di avventura e dall'irrequietezza di vita. Con Pascoli l'Ulisse diventerà più intimista, rivolto all'ascolto di se'; D'Annunzio incontra l'eroe ormai vecchio, ma sempre con la tempra del giovane avventuriero, incarnatasi ora nel superuomo; lo stesso Saba è colui che ha navigato e attraversato molte terre, sentendosi sempre spaesato ed ovunque anelante al viaggio, richiamato continuamente dal mare. Alle esperienze di costoro deve aver attinto Baglioni, viaggiatore fermo dentro un Hangar, autore del brano che apre, in contrapposizione ed a completamento dell'incipit dell'Odissea di Pindemonte, questo breve articolo. Ah, si, stiamo parlando di quel Claudio Baglioni delle canzonette perché è dalla musica che inizia il viaggio nel mondo dei ragazzi di oggi.
Ecco quindi che il personaggio-tema Ulisse si trasforma nel tempo e nello spazio, compiendo un lungo percorso, acquisendo connotati più profondi e complessi, assumendo su di sé un'inquietudine esistenziale problematica, rappresentando uno stato interiore che va al di là del semplice anelito al cambiamento: una condizione di vita, l'aspirazione alla ricerca di un senso dell'esistenza iniziato trai consiglieri fraudolenti e mai sopito.
E se è vero, come è vero, che neanche Dante Alighieri uomo del suo tempo, viaggiatore curioso e attento, comprende appieno l'odissea di Odisseo, personaggio dell'epica antica che sopravvive a se stesso, a lui possono far riferimento i lettori di tutte le epoche. Ed ecco che l'opera si eleva ben l'oltre la cronistoria degli eventi per divenire spunto di continua riflessione e confronto. Non ha più senso la sequenza temporale perchè tutto si dematerializza liberando il flusso di coscienza, il monologo interiore tanto caro al moderno figlio di Joyce, privandoci delle maschere pirandelliane, avvicinandoci alla destrutturazione stilistica del romanzo sveviano.
Lo maggior corno de la fiamma antica, che parte avendo come meta la sua casa, ci fa rendere presto conto che l'importante non è dove si sta andando ma come si va. Ecco che l'attenzione si sposta dalla destinazione al viaggio per poi arrivare al viaggiatore... perché se stai fuggendo da un luogo è perché vuoi fuggire da te stesso e da te stesso non puoi scappare mai.
Ulisse vive un'esistenza immortale da secoli, attraversa ogni spazio ed ogni tempo; la sua avventura si ripete ed il viaggio continua ancora: ha toccato le terre più lontane e sconosciute, è salito verso l'infinito dello spazio, ha visitato le pieghe misteriose dell'universo, cammina con gli uomini di tutti i tempi, viaggiatori del loro destino, verso mete sempre nuove. Da lontano ci insegna a non fuggire i problemi, a saper accettare le verità, perché spesso conoscere è soffrire, ma ci ammonisce a non rinunciare mai alla consapevolezza di sé e del mondo circostante. È la grande lezione di chi seppe diventare eroe perché seppe essere uomo.
L'uomo che cerca la strada del ritorno affrontando un percorso interiore alla scoperta di se stesso: molti dentro del cor sofferse affanni, come Foscolo cantore, che ricorda Ulisse lontano dalla sua Zante, anelando a raggiungerne le sponde senza arrivare mai, perché è durante il viaggio che nel cor gli parlerà lo spirto delle vergini Muse e dell'amore, unico spirto a vita raminga, causa di cotanta eredità meravigliosa. Eredità di noi, ragazzi di domani.
Eredità arricchita dal contributo unico di Primo Levi, finito senza colpa nell'inferno di Auschwitz, che fa parlare Ulisse da un diverso inferno come fosse uno squillo di tromba, la voce di Dio. La possibilità di opporre al perverso tentativo nazista di distruggere la dignità umana, un ideale alto e nobile di uomo, dimostra come la letteratura conservi valore di consolazione ed anche di sfida alla bestialità umana.
Se troppo spesso vedendo ciò che non ci piace vorremmo fuggire, l'Ulisse di Levi ci dice di cambiare il mondo per cambiare il nostro destino. Non si parla di rivoluzioni, guerre o azioni estreme ma di un percorso interiore alla ricerca di noi stessi. Percorso che Primo Levi fa con il compagno Pikolo (Jean Samuel) sforzandosi di ricordare a memoria i versi di Dante per conservare la propria identità di essere umano: il Lager, infatti, cancella ogni traccia della personalità dei prigionieri, annulla il loro esistere come uomini, li abbassa a bestie. Nel dialogo con Pikolo, il Nostro scopre significati e sfumature che leggendo il libro nella vita civile gli erano sfuggiti e rimane sorpreso dal senso universale dei versi
Considerate la vostra semenza:
Fatti non foste a viver come bruti,
Ma per seguir virtute e canoscenza.
Nelle parole di Dante, nei pensieri di Ulisse, Primo è finalmente tornato a casa, almeno per un istante, tornato ad essere uomo.
Questo ci riporta al momento in cui Odisseo mette piede sulla sua isola: un lieto fine che non è un lieto fine perché tornare in quella casa non è concludere ma iniziare, combattere per riconquistare ciò ch'è nostro di diritto. Vincere la spersonalizzazione cui porta la burocrazia degli interessi economici e delle libertà violate. Ed è qui che appare, in tutto il suo splendore, il Kafka del Processo, ebreo anch'egli; e se nella costituzione europea si volevano riconosciute le radici religiose è perché viviamo dove si ripete all'infinito che i valori crollano, mentre sono più spesso le persone a crollare sotto il peso di una società creata per migliorare le condizioni di vita ma che denota l'incapacità umana di organizzare il proprio autogoverno.
Abitanti di una modernità senza luce, dobbiamo rifiutarci di essere i visitatori più spenti nella storia del mondo; in tutti noi c'é qualcosa di speciale ma spesso è così sepolto dalla vita che ce ne dimentichiamo e sprechiamo tempo a cercarlo in mete somiglianti a ciò cui aneliamo, somiglianti in apparenza ma diverse nella sostanza, somiglianti ma non uguali, come una lacrima ad una goccia di pioggia.
Joram Marino - Dicembre 2004